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Esplorazione della Musica Giapponese (Prima parte)

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Premessa
Perché parlare di “Musica Giapponese”? Tra i tanti sounds che il mondo offre, perché concentrarsi su uno così lontano?
Più volte me lo sono chiesta e ho cercato di darmi delle risposte.

Al di là del fascino, dell’orecchiabilita’, delle pailettes, ho sempre pensato che per approfondire e comprendere degli aspetti di una cultura così diversa dalla nostra, oltre ad impararne la lingua e leggere libri, bisogna trovare un “modo per viverla”, una sorta di esperienza immersiva, e dove, per vari intralci, intraprendere viaggi è impossibile, la musica si rivela il modo migliore.

E poi, trattasi fondamentalmente di un mio pensiero: ultimamente la musica diffusa mi è sembrata “tutta uguale” e “negativa” perché incapace di darmi stimoli, suscitare emozioni, quindi ci ho riflettuto: ragionando per come è fatta la nostra lingua nella sua struttura, non si può andare più in là del “neomelodico”, se si prova ad introdurla in altri stili, salvo poche eccezioni di cantautori, diventa oscenità inascoltabile, ne ho dedotto quindi che le manca qualcosa, non ha più l’innovazione, e questa deve venire da fuori, e appunto l’Asia, in questo senso, è attiva, ed ecco perché ci ho rivolto la mia attenzione; spero con questo mio articolo di suscitare il vostro interesse.

Dettagli
Ma cosa si intende per “Musica Giapponese”? Sostanzialmente è un termine molto generico con il quale si definiscono i diversi sounds, generi, eseguiti nel Paese, sia di origine autoctona, sia di derivazione straniera; il panorama musicale moderno è molto vario, ricco, praticamente infinito, creativo e innovativo in modo costante, ed è questo il suo “fascino”.

Ad un primo ascolto, soprattutto quella “antica”, questo tipo di musica potrebbe sembrare molto ripetitiva, una sorta di melodia accompagnata da molteplici altre contrastanti, perciò diversa da quella cui siamo abituati; questa differenza è ancora più enfatizzata dalla teoria musicale, infatti si basa su scala pentatonica (https://it.wikipedia.org/wiki/File:Hirajoshi_scale_on_C_Burrows.png; https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Hirajoshi_scale_on_C_Sachs_%26_Slonimsky.png; https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Hirajoshi_scale_on_C_Kostka-Payne_%26_Speed.png) e dà molta importanza a componenti rumoristiche, ma soprattutto, come rivelato dalla musicologa Isabel Wong, al canto, difatti il 90% della musica giapponese è musica vocale, nella quale la strumentale amplifica.

Diversamente, quella “moderna”, conosciuta in Occidente soprattutto per via di Anime e Videogames, viene considerata una sorta di bubblegum-pop, composto da canzoni con un miscuglio di testi in lingua giapponese e ritornelli in un inglese incomprensibile, interpretato da pop star (アルト歌手 / アルトかしゅ aidoru kashu in giapponese) che generalmente sono giovani attraenti che formano band/gruppi di numero variabile.

Questa definizione non è sbagliata, ma è molto riduttiva: come ho detto prima abbiamo tutti i possibili e immaginabili sounds: c’è la “classica” usata per cerimonie e teatro, a sua volta divisa in shōmyō (声明), musica buddhista salmodiata, gagaku (雅楽), quest’ultima eseguita alla corte imperiale sin dal periodo Heian (平安時代 794-1185); c’è la Kagurauta (神楽歌), l’Azumaasobi (東遊) e la Yamatouta (大和歌) che sono musiche di repertori indigeni, l’honkyoku (本曲) ovvero pezzi originali risalenti ai primi anni del XIII secolo; c’è la “Yukar” (ユカㇻ) che è quella trasmessa oralmente dalla minoranza etnica del popolo Ainu; c’è la “min’yō” (民謡) la musica folklorica; c’è quella particolare dell’isola di Okinawa (沖縄諸島) che ha avuto degli strumenti diversi rispetto al resto del Paese; c’è stata, a più riprese, l’introduzione e il conseguente assorbimento della musica occidentale, fino all’odierna creazione di fenomeni e sounds, come ad esempio, karaoke, idol, vkei che difficilmente trovano riscontri e controparte nella scena occidentale.

In questo articolo introduttivo, mi limiterò ad un’elencazione dei sounds più diffusi in epoca moderna, ovvero dopo la Restaurazione Meiji (1866 – 1869), demandando vari approfondimenti, oltre ad accenni storici e una suddivisione in “Stili da ascoltare” e “Stili da ballare”.

Come detto precedentemente, la scala originaria giapponese è pentatonica (ovvero 5 note) e caratterizzata da volumi alti, acuti e stridenti; ma negli ultimi 150 anni, lo stile musicale occidentale si è imposto, tuttavia, ed è questo un aspetto che rende particolare questa musica, non ha soppiantato quella precedente, ma si è fusa insieme.
La storia della musica giapponese è infatti interconnessa al continuo alternarsi di aperture o chiusure del Paese verso l’esterno, determinate queste da eventi politici, ne consegue che nonostante abbia più di mille anni, è in continuo mutamento, o meglio: assimila e adatta.

Stili da ascoltare

La Shōka (唱歌)

Ne è un esempio di questa pratica l’educatore Isawa Shūji (伊澤 修二 1851-1917): la Restaurazione aveva reintrodotto, dopo i missionari religiosi cristiani, le scale europee, l’educatore, profondo conoscitore della musica occidentale grazie a vari soggiorni all’estero, convinto che attraverso la musica si potessero dare insegnamenti morali, ispirandosi a “Auld Lang Syne” (il Valzer delle Candele) scrisse e compose canzoni in chiave pentatonica, in lingua giapponese, ma secondo lo stile occidentale, ovvero inventò la “shōka”, musica occidentale, di solito classica, insegnata nelle scuole ancora oggi.

Isawa Shūji

Il Kayōkyoku (歌謡曲)

In seguito, la vera e propria musica “occidentalizzata”, fu definita “kayōkyoku”, che si dice abbia avuto inizio con “Kachūsha no uta” (カチューシャの歌 lett. “La canzone di Katjuša”) nel 1914, composta da Nakayama Shimpei (中山 晋平 1887-1952) che apparve per la prima volta nella drammatizzazione tratta dal romanzo “La resurrezione” di Lev Tolstoj, cantata dall’attrice Matsui Sumako (松井 須磨子1886-1919). La canzone divenne subito un grande successo e fu uno dei primi dischi a incassare record di vendite in Giappone.
Successivamente, si deve aspettare il 1961 per avere un altro successo in questo sound: Kyu Sakamoto (坂本 九 1941-1985), noto anche nei generi pop e rock, incise il suo brano “Ue o Muite Arukō” (上を向いて歩こう lett. Camminerò guardando in alto, conosciuta anche come “Sukiyaki”) che vendette più di 13 milioni di copie e raggiunse la prima posizione nella classifica Billboard Hot 100 negli Stati Uniti.

Nakayama Shimpei Matsui Sumako Kyu Sakamoto

Il Jazz

Un altro passo successivo fu compiuto dal jazz negli anni ’30 che, escluso il periodo della Seconda Guerra Mondiale, quando questa fu vietata perché considerata musica del nemico, il jazz ha avuto una grande diffusione nel Paese del Sol Levante.
Oggi un notevole numero di giapponesi suona il jazz e peraltro non è soltanto un ascoltatore.
Musicisti come Hiromi Uehara (上原ひろみ 1979 pianista), Keiko Matsui (松居 慶子 1961 pianista e compositrice), June Kuramoto (1974 suonatrice di koto) e Sadao Watanabe (渡辺 貞夫 1933 suona il sassofono, il banjo e il flauto) hanno un notevole numero di estimatori al di fuori del loro Paese.

Hiromi Uehara Keiko Matsui

June Kuramoto

Sadao Watanabe

Musica Classica Occidentale

La musica classica occidentale ha una notevole presenza in Giappone ed esso è fra i mercati più importanti del mondo per questo tipo di musica. Molti compositori giapponesi, ormai famosi internazionalmente, hanno scritto musica classica di scuola occidentale.
Tra i tanti, Tōru Takemitsu (武満 徹 1930 -1996) è famoso per la sua musica appartenente all’avanguardia musicale e per le sue colonne sonore.
Altrettanto noto è il direttore d’orchestra Seiji Ozawa (1935). Dal 1999 la pianista Ingrid Fujiko (also Fuzjko) von Georgii-Hemming (AKA Fujiko Hemming) (イングリット・フジコ・ヘミング, Japanese name: Ōtsuki Fujiko 大月フジコ), che suona Listz e Chopin, è diventata molto famosa ed i suoi cd hanno venduto milioni di copie.
Inoltre è molto diffusa nei conservatori di musica classica, affiancata ovviamente alla loro, tanto che ogni anno vengono effettuate gare tra i giovani musicisti che si esibiscono per avere l’occasione di studiare in Europa o comunque in Occidente musica classica.

Seiji Ozawa

Questa è solo la prima parte, a breve con gli “Stili da ballare”.

Sisto Samantha

Info credits:
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Musica_giapponese;
https://www.cristinamuggetti.it/musica-giapponese-tradizionale-e-moderna/;
https://www.goasia.it/musica-e-suoni-del-giappone/;
https://angolodiwindows.com/2021/12/la-musica-giapponese/;
https://okami.altervista.org/la-musica-in-giappone/;
https://www.riassuntini.com/musica/musica_giapponese.html;
https://hanabitemple.forumfree.it/m/?t=17536563

Photo credits:
https://www.semanticscholar.org/paper/Isawa-Shuji%2C-Nineteenth-Century-Administrator-and-Howe-Lai/b342cd720f445133;
https://anidb.net/creator/38024;
https://www.ndl.go.jp/portrait/e/datas/332/;
https://www.dailygreen.it/kyu-sakamoto-il-primo-idolo-giovanile-giapponese/;
https://www.jazzwise.com/profile/article/hiromi-uehara-alive-and-kicking;
https://coltranejazzfest.com/keiko-matsui/;
https://www.metrosiliconvalley.com/papers/metro/03.06.03/cards/june-0310.html;
https://worldofjazz.org/sadao-watanabe/;
https://www.japantimes.co.jp/culture/2017/12/02/music/master-class-conductor-seiji-ozawa-passes-knowledge-new-generation/

 

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