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Origami

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L’arte del piegare la “carta”

 L’Origami è l’arte di piegare la carta: 折り紙 ori-gami, composta da oru piegare e da kami carta; tradizionalmente in Giappone, questa tecnica,  era conosciuta con nomi diversi come orikata, orisue, orimono, tatamigami e altri.

Origami è infatti la traduzione della parola tedesca Papierfalten, introdotta in Giappone a fine del 1800 dal tedesco Kindergarten di Friedrich Fröbel.

L’Origami tradizionale è nato e cresciuto, quindi, in uno scambio culturale tra oriente ed occidente, anche se in Giappone ha raggiunto una grande  popolarità  ed è diventato parte integrante della cultura , ma non solo alla cultura giapponese, ma è derivato dalla fusione di entrambe , la giapponese e l’ europea. 

Tra modernità e tradizione

Quest’arte molto probabilmente, si è sviluppata, in principio per esigenze pratiche, e successivamente si è evoluta su principi shintoisti, quali la concezione del ciclo vitale e l’accettazione della morte, che sono visti come un unica indissolubile verità; la carta così, nella sua complessità e fragilità, rappresenta il tempio shintoista che viene ricostruito sempre uguale ogni vent’anni, e la sua bellezza non risiede nell’essere foglio di carta ma bensì nella forma che già è insita in ogni cosa. Alla fine del ciclo , la forma viene ricreata e rinasce, in un eterno ciclo vitale che il rispetto per le tradizioni mantiene vivo.

L’origine essendo legata alla religione shintoista ha valenza sacrale, che ritroviamo anche nella pronuncia della parola, infatti in giapponese sia la parola carta che Dei si pronunciano  kami.

Nell’origami moderno si usano poche pieghe, che combinate in un’infinita varietà di modi, creano modelli anche estremamente complessi, i modelli cominciano tutti da un foglio quadrato, e possono avere colori differenti, ma soprattutto non si fanno tagli alla carta.

L’origami tradizionale, molto meno rigido, faceva uso frequentemente di tagli, oltre a partire da basi non necessariamente quadrate.

Un po’ di storia

Le origini

Si ritiene che i primi modelli, di carta piegata, risalgano al periodo in cui è nata la carta, e probabilmente erano  modelli che avevano un uso pratico, come piccoli contenitori, buste per lettere o lettere stesse.

Secondo la tradizione cinese, la carta è stata inventata da un funzionario della corte Imperiale Cinese, nel 105 DC, ma scoperte archeologiche suggeriscono che la carta prodotta con fibre vegetali sia nata in India, Cina e Tailandia molto prima di questa data, infatti le prime mappe indiane in “carta” risalgono al 1125 AC ed è certo che già dal 1000 AC i cinesi usassero la carta per fabbricare aquiloni.

In occidente, le prime pergamene risalgono al 300 AC, in Grecia, e al 200 AC, a Roma. Le pergamene, spesso realizzate in pelle di maiale venivano inoltre piegate per fini pratici e non artistici.

Gli Aztechi producevano due tipi di carta, uno simile al tipo di carta vegetale Tailandese e uno, l’amate, fatto con corteccia di amate. 

In Cina

Ci sono pochissimi esempi di modelli di origami tradizionali cinesi, uno di questi, è il Yuan Bao.

I Yuan Bao sono fogli di carta piegati a forma di lingotto d’oro, che sono bruciati come offerta per i defunti non si conosce nulla delle origini di questa tradizione, che è ancora viva.

Un altro esempio di modello tradizionale cinese è il così detto “Golden Venture Holding”, oggi conosciuto come Origami 3D; sono piccoli pezzi di carta piegati in moduli triangolari che uniti formano figure tridimensionali, neanche di questi modelli si conosce l’origine ma sono diventati popolari nel 1993,  quando in America, a New York, approdò una nave di immigranti cinesi clandestini, e il nome della nave era “Golden Venture” e i rifugiati, in attesa che venisse concesso loro asilo , furono rinchiusi in carcere, per passare il tempo, i prigionieri cinesi piegarono dei modelli di carta che regalavano. 

                                                                               Origami 3D  

Le origini in Giappone

La carta in Giappone arrivò grazie ai monaci buddisti intorno al 600 DC, in alcune versioni della leggenda il monaco era su una nave cinese che fu catturata dai giapponesi; fatto prigioniero, fu costretto a rivelare il prezioso segreto della fabbricazione della carta, tanto caro ai cinesi.

La fabbricazione della carta fu però enormemente migliorata in Giappone.

Infatti nel VII secolo in Giappone, i fabbricanti riuscirono a  produrre una carta di eccezionale qualità  la carta washi, bella e morbida al tatto, e dalla sua invenzione si è sviluppata l’arte di piegare la carta. La qualità e il pregio della carta Washi, è quella di essere al contempo particolarmente resistente e morbida, quindi adatta a molte forme di creatività, tra cui l’Origami.

La carta si ottiene dalla corteccia di un tipo di gelso e il cui processo di lavorazione la rende molto durevole, sebbene laboriosa da produrre. Dal novembre 2014 la carta washi è patrimonio immateriale dell’umanità, protetta dall’ UNESCO.

Abbiamo già detto che giapponese le parole “carta” e “dei”, anche se scritte con ideogrammi diversi, si pronunciano allo stesso modo: “kami”.

Kami non indica solo la carta,  ma anche il concetto di essere, “essenza”, superiore, che sta sopra, che sta in alto. Le divinità stanno in alto e sono quindi dei kami e per fabbricare la carta si usano fibre vegetali che macerate in acqua tendono a galleggiare, a stare in alto, quindi la carta è stata vista come un mezzo delle divinità stesse per consentire agli uomini di entrare in contatto con gli esseri superiori.

La carta era costosa e non disponibile al pubblico, quindi era fabbricata esclusivamente dai monaci.

La carta e i modelli di carta piegata erano utilizzati solo nelle feste o nei rituali religiosi shintoisti e nelle cerimonie formali.

Uno dei modelli più antichi è il go-hei.

Le prime forme di origami, dette go-hei

Erano  semplici strisce di carta piegate in forme geometriche e, unite ad un filo o ad una bacchetta di legno, utilizzate per delimitare gli spazi sacri.

Gohei (御幣), onbe (御幣) o heisoku (幣束) sono bacchette “magiche” utilizzate per i rituali shintoisti. Sono formate da un’asta di legno attaccata alla quale vi sono due stelle filanti zigzagate, dette shide.

Le stelle filanti sono di solito bianche, sebbene possano essere anche d’oro, d’argento o di una miscela di vari colori. Sono legate come decorazioni a delle corde di paglia (shimenawa) usate per contrassegnare i recinti sacri.

Il sacerdote del tempio o la fanciulla che vi lavora (detta miko) fanno uso del gohei per benedire o santificare una persona o un oggetto in vari riti shintoisti, per purificare un luogo sacro nei templi e per esorcizzare qualsiasi cosa che si ritiene abbia un’energia negativa. Oltre a ciò,può essere inclusa in un ōnusa (bacchetta di legno con molti shide), e servire come oggetto di venerazione (shintai) in un santuario shintoista.

Uno degli esempi più antichi risale al periodo Heian (794-1185):
– Si tratta di un foglio di carta pieghettato, con il quale si copriva la bottiglia del sake posta sull’altare, offerta propiziatoria durante le cerimonie religiose. Allo stesso periodo risalgono i modelli stilizzati che rappresentano una farfalla maschio (o-cho) e una farfalla femmina (me-cho) che si applicano al collo di due bottiglie di sakè usate per un particolare rito augurale durante le cerimonie nuziali Shintō (usanza tuttora seguita), anche se è più probabile che siano falene di bachi da seta.

Ocho e Mecho

 

Nel periodo Heian  l’uso della carta si è gradualmente esteso anche alla classe nobiliare.

Il periodo di affermazione degli origami nella religione shintoista e nella cultura giapponese è riconducibile  a questo periodo, durante il quale la corte imperiale raggiunse l’apice della propria raffinatezza.

È in questo periodo che si afferma, durante quella che sarebbe poi diventata l’Hinamatsuri o festa delle bambine, la tradizione della bambola fluttuante (雛流し Hina-nagash): una bambola di carta posta su una barca,  realizzata ad origami, e lasciata trasportare dalla corrente di un fiume fino al mare.

Successivamente è stata sostituita da quella, più complessa, di ricostruire ritualmente con l’origami la corte imperiale, con i suoi personaggi negli abiti rituali: per questo tale festa, detta festa delle bambine, viene anche indicata con il termine festa delle bambole (雛祭り Hina-matsuri).

Le bambole rituali di carta (雛人形 hina-ningyō), sono state sostituite da vere e proprie bambole in stoffa e porcellana, venivano sistemate su piattaforme di stoffa rossa secondo un rigido ordine gerarchico che vedeva, dall’alto verso il basso:

  • sul primo gradino: l’imperatore (お内裏さま O-Dairi-sama) e l’imperatrice (お雛さま O-Hina-sama), laddove il termine dairi significa palazzo imperiale e hina significa fanciulla o principessa: le bambole della corte imperiale vengono tradizionalmente posizionate di fronte ad uno scrigno dorato, originariamente anch’esso realizzato ad origami;
  • sul secondo gradino: tre dame di corte (三人官女 San-nin kanjo) raffigurate nell’atto di reggere una teiera da sakè;
  • sul terzo gradino: cinque musicisti maschi (五人囃し Go-nin bayashi) di cui quattro reggono ciascuno un diverso strumento musicale, mentre il quinto, il cantante, ha tra le mani un ventaglio;
  • sul quarto gradino: due bambole di funzionari (大臣 Daijin), comunemente definiti la mano destra (右大臣 Udaijin)) e la mano sinistra (左大臣 Sadaijin);
  • sul quinto gradino: varie miniature di oggetti quotidiani e rituali, come stoviglie e teiere, fiori, armi e abiti.

Sempre al periodo Heian viene ricondotto il coinvolgimento dell’origami nelle cerimonie per la festa Kodomo no hi (子供の日), dedicata ai bambini.

Il nome originario della cerimonia, Tango no Sekku (端午の節句), versione giapponese della festa cinese della barca in forma di drago (端午節 Duānwǔ Jié) . Durante la festa,  i bambini fabbricavano bandiere di carta a forma di carpa da appendere fuori dalla porta di casa, usanza conservata ancora oggi.

In queste strutture si inseriscono dei kusudama, o sfere medicinali, insieme di ramoscelli ed erbe mediche che venivano appese fuori dalla porta per tenere lontani gli spiriti maligni malattie: anche questa usanza coinvolge l’origami. Oggi il kusudami è realizzato assemblando vari fiori di carta o, con una tecnica più complessa, da un unico grande foglio.

Le feste del Kodomo no hi e della Hinamatsuri , sono strettamente legate alla festa di Obon, tradizionale festività primaverile durante la quale venivano affidate alle acque di un fiume tradizionali barchette di carta che, avrebbero recato le anime dei morti tra i vivi per tre giorni di celebrazioni, prima di essere ricondotte al loro mondo.

Un’altra festa shintoista dedicata ai bambini e con offerte realizzate ad origami è il Shichi-Go-San (七五三)letteralmente sette-cinque-tre, con riferimento alle età dei bambini festeggiati).

L’epoca Heian (e il periodo Nara in particolare) vede l’importazione del buddhismo di numerose feste cinesi, tra cui il Tanabata, che vede la celebrazione attraverso decorazioni urbane originariamente realizzate ad origami e oggi ricavate dalla plastica, e lo Hanami (花見), durante il quale si realizzano lanterne e decorazioni di carta e fiori. Il loto in particolare è una forma origami legata al buddhismo e a queste feste.

Un altro importante esempio di origami cerimoniale è il “Gohei (御幣)”, fogli di carta tagliati e piegati a zig-zag in forma particolare, che venivano appesi all’esterno dei santuari Shintō come oggetto essenziale del culto. In essi infatti, secondo la tradizione, veniva a risiedere lo spirito della divinità del tempio.

Nel periodo Kamakura e Muromachi 

Si assiste al declino dell’aristocrazia dominante ed all’ascesa della famosa classe dei samurai.

A causa dell’estrema semplicità di queste prime forme di piegatura della carta, alcuni fanno risalire l’origine dell’origami all’epoca Muromachi (1392-1573), riconducendola alle cerimonie del dono augurale del noshi-awabi ai samurai: questo particolare mollusco, simbolo dell’immortalità, veniva offerto all’interno di un astuccio di carta, che con il passare del tempo divenne piegato in modo sempre più complesso fino ad acquistare dignità di dono in sé.

Il Giappone conosce il feudalesimo, favorito dai samurai, e la nascita di nuove sette religiose, tra cui la più famosa  è forse quella dello Zen, che esalta l’autodisciplina, la meditazione e il contatto con la natura. 

Così anche l’origami  viene regolamentato, creando così molti dei modelli tradizionali, perché utilizzato per dare e ricevere regali. Ad esempio:

  • l’ Origami tsuki era un modello di carta piegata che accompagnava un regalo di valore e serviva per attestarne l’autenticità.
  • il noshi veniva consegnato insieme al regalo come portafortuna. Nella cerimonia del noshi-awabi era donata ai samurai una striscia secca di un  mollusco, awabi, simbolo di immortalità, contenuto in un astuccio di carta, noshi.  Piegato nel tempo in modo sempre più raffinato, arrivò a diventare un regalo in sé. 

Noshi
 

Sempre in questo periodo, nasce la tradizione di piegare lettere a forma di farfalla, di gru, di fiore o ancora in forme geometriche per inviare le proprie richieste al signore del posto o per cercare i favori dell’amata, la quale poteva intuire il contenuto del messaggio già dal colore e dalla forma della lettera. 

Nascono Origami per la custodia di piccoli oggetti.

Tsutsumi, nelle cerimonie shintoiste queste semplici pieghe erano simbolo di purezza e sincerità. 

 

 

 

 

 

Gradualmente le forme si sono evolute in oggetti più semplici e di uso quotidiano come i Kusudama,  i Masu e le gru.

È divenuta usanza donare un origami a forma di gru. Infatti la gru (per i giapponesi) è simbolo di purezza e longevità. Infatti in Giappone la gru gode di molta simpatia, è quasi venerata, che vive mille anni e così, nella tradizione, è divenuta simbolo di fortuna e lunga vita. La pratica fa riferimento alla leggenda seconda la quale chiunque riesca a piegare mille gru vedrà i desideri esauditi; ‘piegare una gru’ significa ‘aggiungere mille anni alla propria vita’, e quindi, ‘piegarne due, tre, dieci, cento, mille’, significa ‘vivere per l’eternità’. Se un grappolo di mille gru, chiamato “Senbazuru (千羽鶴)”, viene appeso si potrà ottenere in cambio un favore dalla divinità. Poiché costruire un grappolo di mille gru non costituisce un lavoro intellettualmente e tecnicamente complesso.

Noshigami

In epoca contemporanea il noshi è spesso sostituito dal Noshigami (熨斗紙), un involucro per i regali che si utilizza, di solito, nelle occasioni formali e che riporta il simbolo grafico del noshi, stampato direttamente sulla carta, spesso insieme al disegno del Mizuhiki (水引), un tradizionale nastro decorativo. Il regalo viene poi confezionato in modo che l’immagine del noshi si trovi nell’angolo in alto a destra del pacchetto.

Con la parola giapponese Noshi (熨斗) si indica uno dei più antichi modelli di origami, risalente al periodo Kamakura (1185-1333), utilizzato tradizionalmente come decorazione benaugurale per i regali.

Si pensa che “Noshi” sia la contrazione della parola Noshiawabi (熨斗鮑), termine con cui si indicava un mollusco marino, l’abalone, awabi () in giapponese, tagliato a strisce ed essiccato al sole.

In Giappone, offrire un noshiawabi insieme a un regalo, specificamente in occasione di matrimoni, nascite o altri eventi fausti, è una tradizione antichissima. Sembra che il noshi simboleggiasse una sorta di immunità dal male e che indicasse la purezza degli intenti di colui che offre il regalo e l’innocuità del dono stesso. Tra le possibili origini di questo costume ci sono sia il fatto che, in passato, il consumo di prodotti di origine animale era meno comune e quindi solitamente associato a eventi lieti o festivi; sia la credenza che l’abalone aiutasse a preservare la giovinezza e fosse fonte di longevità.

Noshi

La tradizione del noshiawabi si è persa ma è rimasta l’abitudine di decorare i regali con un origami noshi. Questo modello consiste tipicamente di una striscia di carta gialla, sostituto del noshiawabi, avvolta in un foglio di carta bianco e rosso, piegato in modo da ottenere la forma caratteristica. In altri modelli di noshi, divenuti popolari in seguito, il noshiawabi poteva essere sostituito dalla semplice scritta no-shi (のし), in hiragana, su un pezzo di carta, oppure da foglie o fiori di stagione o aghi di pino. A prescindere dalle varianti, il modello di origami noshi riveste particolare importanza perché, rispetto ad altri modelli della tradizione giapponese, non vengono effettuati tagli nel foglio, regola che verrà poi assunta come fondamento dell’origami moderno.

Il periodo Edo

La fioritura dell’origami in questo periodo è illustrato nella storia della gru, uno degli origami tradizionali giapponesi più noti e la cui tecnica venne perfezionata attorno al XVIII secolo.

Nel 1797 è pubblicato uno tra i libri più noti sull’origami, Piegatura delle mille gru di Sembazuru Orikata, dove si fa riferimento al particolare valore della gru come simbolo di immortalità e alla leggenda secondo la quale chiunque pieghi mille gru vedrà i desideri del proprio cuore esauditi.

Realizzare per sé o regalare i tradizionali “grappoli” di mille gru (折鶴 oridzuru) è  una pratica simile agli ex voto della cultura cattolica: l’aneddoto più noto legato a questa tradizione è quello di Sadako Sasaki, una bambina esposta alle radiazioni della bomba atomica di Hiroshima che sul letto di morte a causa della leucemia, iniziò  a piegare le mille gru, ma morì prima di riuscire a portare a compimento la propria opera.

Le venne eretta una statua nel Parco della Pace di Hiroshima, rappresentata da una ragazza in piedi con le mani aperte ed una gru che spicca il volo dalla punta delle sue dita, questo monumento è adornato con migliaia di corone di mille gru lasciate da pellegrini e passanti.

La storia di Sadako è diventata soggetto di molti libri e film ed ha portato la gru da simbolo di immortalità a simbolo di pace.

In una versione, Sadako scrive un haiku che suona così:

Scriverò pace sulle tue ali

intorno al mondo volerai

perché i bambini non muoiano più così

In un’altra versione, un suo compagno di classe piega il numero restante di modelli in modo che lei possa essere sepolta con 1000 gru: è questa la versione riportata nel romanzo Il gran sole di Hiroshima, di Karl Bruckner.

Nel periodo Edo, fu creato un modo diverso per creare i grappoli:

un grande foglio veniva suddiviso in tanti quadrati mediante delle incisioni,

in modo che i quadrati non vengano separati completamente, ma restino uniti da piccoli lembi di carta.

Le gru vengono ottenute piegando ciascun quadrato, risulteranno unite per la punta del becco o delle ali o della coda.

Si tratta di una tecnica estremamente difficile, che richiede tempi lunghissimi e infinita concentrazione; il “Sembazuru Orikata” descrive ben quarantanove grappoli indicando  lo schema di partenza e il disegno del grappolo finito.

L’origami conserva un ruolo fondamentalein molte festività giapponesi.

Durante il Capodanno è usanza realizzare a origami e kirigami le cartoline augurali (年賀状, nengajō), le buste di denaro per i bambini (お年玉, otoshidama) e i supporti per il Kagami mochi (鏡餅): il giorno precedente, l’Ōmisoka (大晦日), viene celebrato sostituendo gli origami conservati in casa e i pannelli di carta alle pareti. Anche il primo lavoro realizzato durante il nuovo anno (仕事始め, shigoto-hajime) è spesso una figura tradizionale dell’origami. Durante la festa di San Valentino, durante la quale in Giappone sono le donne a eseguire il dono rituale di cioccolatini (義理チョコ, giri-choko), gli astucci per i dolci sono spesso realizzati ad origami in una forma che può riecheggiare il noshi: il corrispettivo maschile è il White Day.

 

Nel periodo Edo la produzione di carta diventa a basso costo e destinata al largo consumo. L’Origami è ormai diventato popolare e numerose sono le tradizioni legate all’uso di Origami.

Nel periodo Meiji (1900-1915 DC circa) il metodo educativo kindergarten arriva in Giappone e grazie al quale l’Origami viene insegnato nelle scuole per educare i bambini alla manualità e allo sviluppo del senso estetico.

I materiali

Per la loro realizzazione l’unico materiale che serve è la carta ( kami).

Per gli origami di livello semplice o intermedio può essere utilizzato quasi qualunque tipo di carta.

Alcuni tipi di carta di ampio utilizzo:

Ad oggi esiste anche carta da origami di tipo commerciale e chi si diletta in quest’arte ha preso a utilizzare anche carta comune, carta da tappezziere e qualsiasi altro genere la fantasia possa suggerire.

Caratteristiche della carta

Normalmente la carta da origami si trova in quadrati con lato 15-20 cm, anche se recentemente si trovano fogli di lato fino a 35-40 cm, il che è una misura decisamente rispettabile anche se per alcuni modelli le dimensioni minime consigliate superano abbondantemente il mezzo metro.

la carta da origami è generalmente fina.

Per certi modelli gli strati di carta si sovrappongono talmente tante volte che sarebbe necessario uno spessore pari a quello della carta velina. Va tenuto presente però che lo spessore va considerato in rapporto alla dimensione, se non si dispone di carta abbastanza fina per realizzare un certo modello con un foglio 15×15, probabilmente ce la si può fare con un foglio 30×30 (il che equivale a lavorare con un foglio 15×15 spesso la metà).

parametro importantissimo, uno non vuole mica  piegare per ore per poi buttare via tutto perché la carta si è strappata!

diversi tipi di carta offrono caratteristiche diverse, ad esempio con la carta velina è difficile rovesciare una piega, operazione invece semplicissima con quasi tutti gli altri tipi di carta. Per quanto riguarda la modellazione finale, spesso uno può ricorrere a tecniche come il wet-folding, oppure usare carte metallizzate.

mai una volta che uno trovi il colore che vorrebbe nella carta che ha a disposizione!!!

Prossimamente un articolo specifico sulla carta e sull’origami in occidente.

Cinzia Yuki Preziosi

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