Oggi parliamo di un uomo che dalla magica Venezia, città che amo immensamente tanto che ho creato il blog www.laserenissimavenezia.it, è giunto in Giappone a metà dell’Ottocento e grazie al quale possiamo ancora oggi vedere, con i suoi occhi, l’arcipelago nipponico dell’epoca. Sto parlando, ovviamente, di un fotografo che già nel nome portava in sé la fortuna, si tratta di Felice Beato.
Felice nacque a Venezia (altri dicono a Corfù ma io preferisco la capitale della Serenissima Repubblica Veneta) nel 1832, fotografo per vera vocazione e tra i primi uomini a scattare fotografie nell’Asia Orientale nonché uno dei primi foto-cronisti di guerra.
Viaggiò molto in Estremo Oriente e realizzò foto che ancora oggi sono una vera e propria documentazione storica; ricordiamo, giustamente, alcune delle sue opere, ovvero quelle della ribellione indiana del 1857 e la seconda guerra dell’oppio scoppiata nell’Impero cinese (di cui tratteremo a breve con una recensione di un’opera letteraria). Egli ispirò di fatto i fotografi e la fotografia giapponese, infatti in Giappone lavorò per molto tempo, collaborando e influenzando positivamente altri fotografi e artisti nipponici.
È nato a Venezia nel 1832 e morto a Firenze il 29 gennaio 1909, naturalizzato come cittadino britannico e aveva un fratello maggiore di nome Antonio, come me, anch’egli fotografo.
Nel 1855 Felice Beato e un altro famoso fotografo dell’epoca, Robertson, si recarono a Balaklava (si quella famosa per la Carica) in Crimea dove scattarono un reportage della Guerra di Crimea dopo la partenza di Roger Fenton. Fotografarono la caduta di Sebastopoli nel settembre 1855, producendo circa 60 immagini, oggi oggetto di studio.
Nel 1858 Felice Beato era a Calcutta per documentare le conseguenze dei Moti indiani del 1857. A lui si devono le prime immagini fotografiche dei cadaveri delle vittime.
Dopo anni trascorsi in Cina e una documentazione fotografica davvero enorme, giunse in Giappone nel 1863 quando giunse a Yokohama con Charles Wirgman, che vi era arrivato nel 1861.
Qui Felice Beato produsse una grande serie di illustrazioni attraverso ritratti, panorami, vedute cittadine e una serie di fotografie che documentano le scene e i siti lungo la strada del Tokaido (famosa anche grazie ai mitici Hokusai e Hiroshige).
Felice Beato fotografò il Giappone in un momento speciale per il paese che aveva, dopo oltre due secoli, riaperto le porte agli stranieri.
Ora qualche notizia sulla sua vita in Giappone:
Mentre si trovava in Giappone Beato fu molto attivo. Nel settembre 1864 fu un fotografo ufficiale della spedizione a Shimonoseki. Negli anni successivi produsse diverse viste di Nagasaki e dei suoi dintorni. Quando nell’ottobre 1866 un incendio distrusse la maggior parte di Yokohama, Beato perse il suo studio e i suoi negativi e trascorse i due anni successivi lavorando per rimpiazzare il materiale. Il risultato furono due volumi di fotografie su Native Types, contenenti 100 ritratti e lavori di genere e vedute del Giappone, contenenti panorami e viste cittadine. Beato colorò a mano molte fotografie in studio, applicando con successo alla fotografia europea le raffinate tecniche giapponesi dell’acquerello e della xilografia. Dal 1869 al 1877, non più in società con Wirgman, gestì un suo proprio studio a Yokohama, chiamato “F. Beato & Co., Photographers” con un assistente chiamato H. Woolett, quattro fotografi e quattro artisti giapponesi. Probabilmente Kusakabe Kinbei fu tra gli artisti-assistenti prima di diventare fotografo in proprio. Beato collaborò con Ueno Hikoma e altri, forse insegnando la fotografia al barone Raimund von Stillfried.
Nel 1871 Beato fu il fotografo ufficiale della spedizione navale americana dell’ammiraglio Rodgers in Corea.
Nel 1873 vendette una buona parte delle sue fotografie e si ritirò per alcuni anni dalla fotografia concentrandosi su attività finanziarie Tornato in Italia, a Firenze, all’età di soli 77 anni muore nel 1909.