Erano solo le dieci di sera, e Aya si accorse che nella taverna c’era un’atmosfera insolita. Gli abituali schiamazzi e i brindisi erano stati sostituiti da un silenzio surreale. I clienti sembravano oppressi da una strana stanchezza, alcuni addirittura gareggiavano a chi sbadigliava di più. Con sguardo interrogativo, Aya si rivolse a Yoru, il suo fedele gatto nero, che rispose semplicemente grattandosi un orecchio ed emettendo un tranquillo ‘miao’.
Man mano che la serata avanzava, uno dopo l’altro gli avventori le augurarono la buonanotte, lasciando il locale e sparendo nella notte primaverile. Aya rifletté su ciò che le aveva raccontato quella mattina la signora Akiko, la proprietaria della locanda: “Sai, Aya, oggi incontro solo gente che sembra stanchissima. Sbadigliano, parlano di voler andare a dormire. Persino la pescheria di Makoto è rimasta chiusa con un cartello che diceva: ‘CHIUSO PER SONNO ARRETRATO.’”
Era un fenomeno strano. Va bene che la primavera portava una certa sonnolenza, ma vedere un intero quartiere colpito da una “crisi di sonno” era decisamente anomalo. Con la taverna ormai vuota, Aya decise di chiudere in anticipo. Con Yoru accanto, uscì nella calma della notte, determinata a concedersi una passeggiata per rilassarsi. Erano solamente le undici.
Mentre percorrevano una strada secondaria, Yoru si fermò all’improvviso. Il suo miagolio, più acuto del solito, costrinse Aya a interrompere i suoi pensieri. «Che c’è Yoru? Sei in crisi anche tu?» chiese divertita.
Il gatto puntò il muso verso un glicine in piena fioritura, le cui fragranze dolci pervadevano l’aria. Aya si avvicinò, ma fu solo allora che notò qualcosa di insolito: tra i fiori ondeggianti si intravedeva una figura minuscola, alta appena quanto una pesca. Era una graziosa fanciulla dai lunghi capelli, avvolta in un delicato kimono rosa decorato con motivi floreali. Le sue labbra si muovevano, recitando parole che Aya non riusciva a comprendere, ma che sembravano formule magiche.
Aya e Yoru avanzarono cautamente. «E tu chi sei?» chiese con dolcezza alla creaturina, cercando di non spaventarla. La fanciulla, sorpresa, si nascose tra i fiori, ma Aya la rassicurò. «Non temere, non voglio farti del male. Io mi chiamo Aya.»
La piccola figura si sporse lentamente dal suo nascondiglio e osservò con attenzione Aya e Yoru. Poi un sorriso illuminò il suo volto. «Oh, una ragazza dagli occhi verdi con un gatto nero dagli occhi di giada… Tu devi essere Aya-chan!» esclamò con tono allegro.
«Adesso che ho capito chi sei, posso presentarmi…»
«Come sarebbe che hai capito chi sono?» chiese Aya, sorpresa.
«Sì, sei—anzi, siete—conosciuti dal popolo magico di Kyoto!» asserì la piccola figura. Aya, però, non rimase particolarmente stupita. Durante le sue passeggiate notturne, aveva incontrato più volte creature strane e magiche, con alcune delle quali aveva perfino stretto amicizia.
«Beh, mi fa piacere.» rispose con un sorriso, «Ma dimmi, tu chi saresti e cosa stai facendo?»
«Oh, sto svolgendo le mie mansioni.» rispose la piccola con orgoglio. «Mi chiamo Emi, e sono uno spiritello della Primavera!»
«Piacere, Emi!» disse Aya con curiosità. «E, se posso chiedere, in cosa consistono le tue mansioni?»
«Beh, è semplice.» spiegò Emi. «Devo fare in modo che questa notte tutti gli umani di questa zona cadano in un sonno profondo. Sai, è da stamattina che ci sto lavorando; una vera faticaccia!»
Aya annuì pensierosa, capendo finalmente il motivo della strana stanchezza che aveva colpito gli abitanti del quartiere. «Ecco perché oggi sembravano tutti assonnati! Ma… per quale motivo? E, soprattutto, perché io non subisco gli effetti del tuo incantesimo?»
Emi rifletté per un momento prima di rispondere: «Per quanto riguarda la seconda domanda, credo che tu sia in qualche modo immune alla magia, anche se non ne conosco il motivo. Sul perché devo addormentare tutti proprio stanotte, devi sapere che questa notte verrà qui Konohanasakuya-hime, ‘Principessa dei Fiori’ e dea del Monte Fuji e dei fiori di ciliegio. Ogni cento anni, in questa data, fa visita al grande ciliegio che si trova proprio davanti alla Locanda della Luna, dove tu lavori.»
«Perché?» chiese Aya, sempre più incuriosita.
«È presto detto.» rispose Emi. «Molto tempo fa—sono trascorsi ormai mille anni—quel grande ciliegio era un valoroso guerriero che si era innamorato di Konohanasakuya-hime. Combatté contro un uomo malvagio che l’aveva oltraggiata ma, purtroppo, fu ferito a morte durante il combattimento. La dea, commossa dal suo eroico gesto, gli concesse l’immortalità poco prima che spirasse, trasformandolo in un ciliegio. Da allora, ogni secolo, lei ritorna a trovarlo ma, non potendo essere vista da occhi mortali, io e le mie sorelle abbiamo il compito di addormentare tutti gli umani di questa zona di Kyoto.»
Aya ascoltava rapita, la mente già immersa nelle immagini di quella straordinaria storia. «Come si chiamava quel guerriero?» domandò, affascinata.
«Il suo nome era Haruki!» rispose Emi con un lieve sorriso.
«Haruki…» rifletté Aya, sorpresa. «Come il mio amico… che coincidenza!»
Dopo aver ponderato per un momento, Aya si rivolse ad Emi con un sorriso: «Voglio rispettare l’intimità della dea, quindi io e Yoru andremo a dormire e non la disturberemo.»
Emi ricambiò il sorriso. «Sapevo che avresti capito.»
«Forza, Yoru, si torna a casa.» disse Aya rivolgendosi al suo fidato gatto, che emise un ‘miao’ soddisfatto. Anche lui sembrava sentire il richiamo del sonno.
«Buonanotte, Emi!» aggiunse Aya prima di voltarsi. «Ci rivedremo ancora?»
«Forse, dolce Aya-chan, forse.» E con quelle parole Emi svanì tra i fiori del glicine.
Tornata a casa, Aya augurò la buonanotte a sua madre Hana e a suo padre Ryuji, poi si sistemò per la notte sul suo comodo futon. Appena prima di chiudere gli occhi, un pensiero fugace attraversò la sua mente: “Haruki…”
Quella notte Aya dormì serenamente, facendo dolci sogni, ma per il povero Yoru la situazione fu ben diversa: il gatto fu tormentato da un incubo in cui giganteschi pesci lo inseguivano senza tregua, pronti a divorarlo. Un ‘miao’ lamentoso nel sonno strappò un sorriso alla sua giovane padrona.
Le notti di Kyoto: la missione di Emi

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