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Aya uscì dalla Tsuki no Yado (月の宿 – La Locanda della Luna), dove lavorava ogni sera, dalle sei del pomeriggio fino all’una di notte. Il suo turno era appena terminato. Il fresco della notte le offriva un momento di sollievo e, come d’abitudine, si concesse una piacevole passeggiata prima di rincasare. Lasciò il centro urbano per immergersi nella quiete notturna della natura di Kyoto, mentre il fedele Yoru, il suo gatto nero dagli occhi di giada, camminava al suo fianco, silenzioso come un’ombra.
Tra le fronde ondeggianti del boschetto di bambù chiamato 失われた夢 (Ushinawa re ta yume-I sogni perduti), certo non enorme, ma ugualmente bello, come il ben più noto bosco di Arashiyama 嵐山 (Montagna della tempesta), il vento accarezzava dolcemente le foglie, sussurrando storie antiche ormai dimenticate; una lanterna tremolante illuminava la figura di una donna dai lunghi capelli color rame. Indossava un kimono chiaro, decorato con eleganti disegni di fiori di susino, e il suo portamento emanava un’aura di mistero. Aya si fermò, scambiando uno sguardo interrogativo con Yoru. Chi era quella figura solitaria che si aggirava nell’oscurità della notte?
La donna rivolse loro un sorriso enigmatico ma amichevole. “È raro avere ospiti in un luogo come questo.” disse con voce melodiosa, interrompendo il silenzio con la grazia di un’antica melodia. Aya, incantata, avanzò con cautela e presto si ritrovò seduta accanto alla donna, su una radice sporgente di un grande abete che, solitario, si trovava tra i bambù e che Aya non ricordava di aver mai notato prima di allora.
Conversarono, stranamente, come vecchie amiche, e le parole della donna sembravano intessute di magia. Raccontava di Kyoto, di spiriti vagabondi e sogni che danzavano sotto la luna. Poi, con una nota appena accennata, parlò del mattino seguente: “Nel boschetto ci sarà un matrimonio” disse in tono enigmatico ma serio. “Non è un’occasione per gli esseri umani!” Aya si interrogò sul significato di quelle parole, percependo che l’evento doveva avere qualcosa fuori dal comune.
La misteriosa donna osservò serenamente la luna alta nel cielo. “È bella, vero?” mormorò. Aya, sorpresa dalla domanda, rispose: “Cosa?”
“Ma la luna, ragazzina,” replicò la donna, accennando un sorriso. Quando infine si alzò per congedarsi, Aya e Yoru si inchinarono rispettosamente, ma proprio in quell’istante il gatto notò qualcosa: una coda dorata, scintillante sotto la luce della luna, sfuggiva da sotto il kimono della donna, come un segreto rivelato solo in quell’istante. Aya trattenne il respiro. Non era una donna qualsiasi: era una kitsune.
Mentre la figura svaniva magicamente tra le fronde del boschetto, il vento trasportò un ultimo sussurro: “Ci rivedremo, quando la luna sarà ancora piena.” Aya rimase immobile, osservando il punto in cui la kitsune era scomparsa. Tra quegli alberi, il confine tra i mondi aveva per un attimo permesso una visione fugace di ciò che è nascosto agli occhi degli uomini.
Dopo quell’incontro, Aya e Yoru fecero ritorno a casa, pronti a immergersi in un meritato riposo, ricco, sicuramente, di sogni pieni di magia…

月の下
金色の尾が舞う
永遠の謎

Tsuki no shita
Kiniro no o ga mau
Eien no nazo

Sotto la luna,
code d’oro danzano.
Mistero eterno

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